L’indice glicemico rappresenta la velocità con cui aumenta la concentrazione dello zucchero (glucosio) nel sangue, nelle 2-3 ore che seguono l’ingestione di un cibo che contenga 50 g di carboidrati.
Questo aumento viene confrontato con un riferimento standard: l’aumento di glicemia prodotta dal glucosio (indice glicemico 100) o dal pane bianco.
Come risultato finale, l’indice glicemico viene espresso in percentuale.
Carne, pollame, pesce, formaggi e uova non hanno IG perché contengono pochi o nessun carboidrato.
Al fine di rendere questo concetto più rilevante per l’alimentazione giornaliera, è stato introdotto anche il concetto di carico glicemico (CG) che si ottiene moltiplicando IG di un alimento per la quantità di carboidrati presenti in una porzione media di quell’alimento, diviso 100.
L’indice glicemico è un parametro considerato da molti essenziale per la scelta dei cibi. Secondo l’opinione comune, basare una dieta su cibi a basso indice glicemico è la chiave per mantenersi magri e in salute.
Il concetto di indice glicemico venne introdotto dal Dr. David Jenkins dell’Università di Toronto nel 1981, e proprio il Dr. Jenkins, ritiene che questo indice sia sopravvalutato, e spesso mal compreso.
Secondo lo scienziato infatti, l’indice glicemico costituisce semplicemente una delle tante caratteristiche di un cibo, e scegliere un alimento solo per il suo basso indice glicemico potrebbe portarci a scelte molto sbagliate. Molti cibi posso avere un basso indice glicemico per un motivo tutt’altro che salutare.
I dolci e i gelati grazie al loro alto contenuto di zuccheri semplici e grassi, sono assorbiti nel circolo sanguigno lentamente.
Pertanto questi cibi che tutti sanno essere “cibi spazzatura” hanno un indice glicemico più basso dei cibi ritenuti sani come il pane integrale e il riso integrale.
Infatti, secondo le tabelle che riportano l’indice glicemico degli alimenti, una torta al cioccolato (IG 38) sarebbe più salutare delle patate bollite (IG=101), e le M&M con arachide (IG=33) sarebbero migliori delle carote (IG=92) o del riso integrale (IG=87).
L’indice glicemico del fruttosio è 19 ed è il più basso indice che possiamo avere. Lo zucchero da tavola è per metà fruttosio (l’altra metà di questo disaccaride è il glucosio).
Circa il 55% dello zucchero presente nei prodotti industriali è fruttosio (sciroppo di mais HFCS). Una dieta piena di zuccheri, secondo le tabelle risulta essere una dieta a moderato indice glicemico. Ogni anno negli Stati Uniti, ogni persona consuma mediamente 19 kg di sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio (IG=60) e circa 20 kg di zucchero da tavola (IG= 68). Circa 500 kcal al giorno sono rappresentate da questi zuccheri, e quindi sono calorie “vuote”, senza alcun nutriente essenziale, non contengono vitamine, minerali, acidi grassi essenziali, proteine o fibre.
Gli zuccheri semplici come lo zucchero bianco e lo sciroppo di mais ad alto tenore di fruttosio, contrastano l’azione dell’insulina e causano un aumento del peso e dei trigliceridi; questi 3 fattori aumentano il rischio di diabete. Lo sciroppo di mais ad alto tenore di fruttosio sembra essere la principale causa dell’epidemia di diabete e obesità dei paesi occidentali.
Oltre a questo, usare l’IG nella pratica quotidiana può rivelarsi davvero faticoso perché questo parametro può variare in base al grado di maturazione, al tipo di cottura e alla combinazione con altri alimenti.
Ad esempio il mais, a seconda degli studi risulta avere un IG di 37. 46, 48, 59, 60, e 62. Quindi anche con grande sforzo, è molto difficile mantenere la propria dieta entro uno specifico, prefissato valore di IG.
Negli ultimi 20 anni i cibi ad alto indice glicemico, sono stati associati ad una serie di malattie croniche tra cui il diabete di tipo 2. Tuttavia i dati sono ancora lontani dall’essere chiari e significativi, tanto che L’American Diabetic Association, ha smesso di usare IG nel trattamento del diabete.
Secondo questa Associazione, la relazione tra carboidrati e diabete di tipo 2 è piuttosto debole, mentre è evidente quella tra grassi saturi e questa patologia.
Molteplici studi hanno dimostrato una relazione inversa tra le quantità di carboidrati consumati e lo sviluppo del diabete di tipo 2.
I popoli di tutto il mondo che hanno basato la loro dieta su carboidrati ad alto indice glicemico, come riso (Asia) e patate (Perù), sono stati essenzialmente privi di diabete, fino al momento in cui hanno abbandonato la loro cucina tradizionale per una più occidentale, ricca di proteine animali, grassi e carboidrati raffinati.
Questi cambiamenti hanno portato ad un aumento dei casi di obesità, e ad un’epidemia di diabete di tipo 2.
Già nel 1936, lo scienziato Sir Harold Percival Himsworth aveva scoperto che la capacità dell’insulina di abbassare lo zucchero nel sangue, era migliorata mangiando carboidrati. Al contrario i grassi che si assumono con la dieta, paralizzano l’attività dell’insulina, causando insulino-resistenza, che determina un aumento dello zucchero nel sangue (glicemia).
L’insulina veicola i grassi dentro le cellule, quindi avere alti livelli di insulina, potrebbe essere molto svantaggioso per le persone che stanno cercando di perdere peso.
L’aumento di insulina dovuto al consumo di un certo cibo, è misurabile attraverso un punteggio, ed è possibile osservare che il manzo causa una produzione di insulina maggiore della pasta integrale, e il formaggio più del porridge di avena.
Lo scopo primario del mangiare, è rifornire al nostro organismo energia. Questo compito è perfettamente svolto dai carboidrati amidacei, che vengono trasformati in zucchero che può essere riversato nel torrente ematico.
Il nostro cervello, il sistema nervoso, i globuli rossi, le cellule del rene, usano per lo più zucchero come fonte di energia. Il 20% delle calorie giornaliere che consumiamo sono spese per il cervello, e questo significa che abbiamo bisogno di molti carboidrati per far funzionare in modo efficiente questo organo. Questa è una delle ragioni per cui le diete a basso tenore di carboidrati, come quella raccomandata da Atkins sono associate a problemi delle funzioni cerebrali.
Orientare la propria dieta su alimenti a basso indice glicemico, significa spesso eliminare o ridurre i carboidrati a favore di proteine e grassi, e per fare questo aumentiamo il consumo di carne, pesce, uova e formaggi. Questi cibi però, sono ritenuti essere la causa principale dei danni alle nostre arterie, ossa, e reni, causando attacchi di cuore, infarti, osteoporosi, calcoli renali, insufficienza renale e cancro.
Secondo il Dr. David Jenkins, gli esseri umani, pur avendo la capacità di mangiare ogni cosa, dovrebbero orientare la loro alimentazione verso quei cibi che possono migliorare la loro salute, e che possono essere prodotti in modo sostenibile, pacifico e rispettoso dell’ambiente. Questo vorrebbe dire abbandonare i cibi raffinati e tornare alle tradizionali diete a base vegetale, ricche di cereali integrali, legumi e verdure.